Ho conosciuto questo giovane interior designer un anno fa, durante il lockdown. Ci siamo parlati telefonicamente; cercavo aiuto per la mia nuova casa e ho trovato molto di più. Un vero professionista che con grande pazienza ha saputo ascoltare le mie ansie e consigliare le mie scelte. Bresciano, poco più che trentenne, Michael Milesi è uno di quei nomi che restano in mente, vuoi anche per la piacevole allitterazione che ha dato nome al brand. Oggi lo incontro nel suo atelier milanese, curiosa di sapere qualcosa di più di lui e delle sue creazioni. Le novità in casa Millesimi sembrano essere tante, e io sono qui per indagare.
Michael, che piacere incontrarti. Ti confesso che qui, in mezzo ai tuoi Mori, mi sento come a una riunione di famiglia. Come è nata questa felice idea pop?
Come tutte le icone pop, anche I Mori nascono da un oggetto cult. Nel mio caso l’oggetto arriva dalla Sicilia, terra cui sono molto legato, dalla tradizionale ceramica smaltata a mano. L’ho preso e l’ho fatto mio. L’ho portato via dal suo contesto cambiandogli sia il materiale di produzione, sia la funzione d’uso, di modo che non entrasse in competizione con l’originale.
Bastasse così poco a creare un ready-made di successo…Qual è stato il tuo ingrediente magico nella formula “duchampiana”?
L’ispirazione da cui è nata l’idea. Sono sempre stato affascinato dalle fotografie di Slim Aarons. “L’enfant terrible” della fotografia americana che con la sua Leica hai immortalato la dolce vita californiana, ritraendo personaggi del jet set nei loro ambienti. Ogni scatto gli richiedeva un meticoloso lavoro di allestimento. Nessuno meglio di lui ha saputo inquadrare architettura, moda e design in una perfetta composizione grafica di forme e colori. Considero Aaron uno dei grandi creatori di stile del XX secolo ed è in quelle foto da copertina, immortalate a bordo piscina, che ho immaginato di collocare i miei Mori glam. Seppure presi da un’altra tradizione e da un’altra cultura, potrebbero inserirsi con naturalezza in quel contesto iconografico.
Dalla California alla Sicilia, o viceversa, mi sembra di capire che i Mori non intreccino solo stili e culture, ma anche relazioni con moda, architettura, grafica.
Negli ultimi anni l’oggetto di design non è più il pezzo d’autore dove si concentrano tecnologia, forma e funzione. Oggi, in una situazione di malessere generale, anche la creatività vive un momento di crisi. Come è già accaduto in passato, arte design e moda lavorano insieme cercando di condividere contenuti contro il dominio della tecnologia.
Non ti sembra, però, che quella che tu chiami condivisione di contenuti spesso sia anche un modo per dire che tutti possono fare tutto?
Per qualcuno forse è così. Io però la vedo diversamente. Condividere contenuti con altri mondi, la moda soprattutto, è stata per me una grande opportunità di crescita professionale. Mi sono laureato in Mercati dell’Arte e ho conseguito una specialistica in Interior & Urban Design. Le mie prime esperienze lavorative sono state nel campo della progettazione e dell’allestimento retails, per importanti brands di moda. Aspetto artistico e commerciale convivono in me da sempre. I miei genitori avevano una ditta di abbigliamento; credo di avere la “sartorialità” nelle sangue. Posso progettare quello che mi piace, ma devo anche conoscere bene il prodotto con cui lavoro e capire quello che mi si chiede. Come “interior” e come designer.
A trent’anni, nel 2018, hai creato Millesimi Design. Obiettivo?
Millesimi corrisponde alla mia visione di design “totale” che spazia tra progettazione d’interni, prodotto di design e moda. I Mori sono stati la prima creazione del brand. Li ho presentati al fuori salone 2019 abbinati a tessuti da cui è nata la linea Millesimi Couture: abiti sartoriali realizzati su ordinazione, con tessuti dipinti a mano. Uno sfizio e, insieme, una passione.
E oggi anche una linea di carte da parati, che ho il privilegio di toccare con mano, in anteprima. Quindi le “sculture americane”, dalle fotografie di Aarons entrano direttamente nelle case contemporanee?
In qualche modo è così. Io considero la mia linea WALLPAPER_I MORI (realizzata in collaborazione con VPP Communication factory ), un vero e proprio elemento d’arredo. Un’altra versione dei miei soggetti iconici. Ho trasformato i Mori in cammei incastonati nella parete per creare una sorta di scenografia architettonica “neoclassica” e allo stesso tempo stravagante.
Traguardi futuri? Sogni nel cassetto?
La carta da parati è un campo che mi affascina. Ma per ora non aggiungo altro! Sogni…qualcuno l’ho già realizzato, ma il mio desiderio più grande è sempre quello di poter dare emozioni attraverso le mie creazioni. Dietro a tutto quello che faccio c’è tanta ricerca e credo che non ci sia per me gratificazione più grande di entrare con il mio lavoro nelle case delle persone.
Grazie Michael. Ti aspetto al prossimo fuori salone con tutte le tue novità. Chissà che la tua passione per la tradizione sartoriale non ti porti un giorno a uscire su una passerella tra gli applausi per il tuo lavoro.